San Potito, 19 Maggio 2022
omelia di S. E. Mons. Mario Toso
Vescovo di Faenza-Modigliana
Cari fratelli e sorelle, nell’anniversario della morte di Nilde Guerra riviviamo la sua spiritualità, imperniata attorno all’amore di Gesù Cristo crocifisso. Nilde desiderava di essere suora del Sacro Cuore di Gesù agonizzante. Come Gesù nel suo sacrificio si dona al Padre e muore per le persone, così Nilde Guerra voleva immolarsi spiritualmente, perché i suoi parenti si convertissero, perché i bambini del catechismo vivessero l’amore di Gesù: un amore totale, donato sino a morire in croce. Nella sua malattia si identificava con Cristo sofferente. Con Lui voleva salvare ad ogni costo i non credenti, i lontani dalla fede, consumandosi di amore per loro. Come abbiamo detto nello scorso 29 gennaio nella cattedrale di Faenza, Nilde è stata ed è un modello per noi impegnati nel cammino sinodale, perché voleva costruire la Chiesa con uno spirito missionario, uno spirito di amore ricevuto e dato. Proprio per questo, la possiamo considerare un’apostola, al pari di Barnaba e di Paolo, dei quali abbiamo sentito parlare in questi giorni negli Atti degli apostoli. Paolo e Barnaba confermavano i convertiti nella fede e li innamoravano di Gesù, il Buon Pastore. Ne facevano risuonare la voce, mediante la quale Egli si faceva comprendere dalle sue pecore. Come si faceva comprendere ed amare? Con la «voce» di Colui che toglie i peccati del mondo, che dona la sua vita per le sue pecore, immolandosi sulla Croce. Paolo, in altri momenti del suo itinerario missionario confidava ai Corinzi che era stato mandato ad annunciare Cristo crocifisso, la cui croce era per i credenti potenza di Dio (cf 1 Cor 1, 17-18), mentre per i pagani era stoltezza. Il cristiano, ascoltando la voce del buon Pastore, del Pastore bello, comprende ed accoglie il modo di vivere del Pastore che perde e dona la sua vita per i suoi. Gesù si propone alle sue pecore, ai cristiani, come il Servo sofferente, che ama perdutamente il Padre e l’umanità. Il nostro essere cristiano, che è un essere di Cristo, deriva dall’incontro con il Buon pastore, il Pastore bello, vero. Come disse Basilio di Seleucia (Disc. 26,2) la relazione che il Pastore inaugura con ciascuna delle sue pecore è unica, una conoscenza del cuore, propria di chi ama e di chi è amato. Il Bel Pastore non ha un rapporto qualunque, indistinto, di convenienza con i suoi. Si tratta di un incontro personalissimo, profondo, che come scrive l’Apostolo Paolo, implica che «Egli mi ama e dà se stesso per me» (cf Gal 2,20). Con il suo amore Gesù Cristo ci lega a Lui, ci rende suoi per sempre.
Su quanto appena detto non è inutile fare una breve riflessione. I primi discepoli, come Paolo e Barnaba, fondavano nuove comunità, suscitavano nuovi cristiani – è un obiettivo che ci proponiamo anche noi, impegnati nel cammino sinodale – portandoli ad un incontro personale ed intimo con Gesù Cristo: un incontro capace di sconvolgere, convertire, cambiare e colmare l’esistenza di amore e di entusiasmo. Detto altrimenti, nell’evangelizzazione degli Apostoli e dei loro successori risuonava la stessa voce di Cristo, che chiama alla comunione con Dio e alla pienezza della vita. Ecco quello che dovremmo fare anche noi: far innamorare la gente di Gesù la cui vita è essenzialmente un dono a Dio e al prossimo. Tramite la predicazione dei discepoli la gente conosceva Gesù e conoscendolo lo amava, lo seguiva. Cari fratelli e sorelle, Nilde Guerra è stata per i bambini del catechismo, per i suoi compaesani, per i suoi parenti maestra di fede, maestra di incontro filiale e fiducioso con il Signore Gesù che dà la sua vita e la perde per amor nostro. Come ci ha insegnato Nilde Guerra, le nostre comunità, le nostre famiglie, saranno custodite e vivificate, rese più salde nell’unità, dalla vita «perduta» dal Buon Pastore per amore. Saranno popolate da nuovi cristiani, se come i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri catechisti, i nostri sacerdoti e diaconi saremo capaci di immolarci tutti nel–con-per il vero Sacrificio salvifico di Gesù. Come il Redentore dispone della sua vita con piena libertà e la offre per le sue pecore, così noi, giovani e grandi, doniamo la nostra vita per i nostri fratelli e sorelle, facendo comprendere come la nostra vita diventa più bella e gioiosa se imita quella di Cristo: ossia una vita piena di amore ricevuto e dato, senza misure e senza tornaconti. La gioia del cristiano non è una gioia superficiale, dei buontemponi. È la gioia che nasce nel nostro cuore quando rimaniamo nell’amore di Cristo, quando lo viviamo intensamente. Ciò avviene se osserviamo i suoi comandamenti che sono riassunti nel comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amati. Nel Vangelo odierno Gesù ci comunica il segreto di una vita piena di gioia: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15, 10-11). Guardiamo alla venerabile Nilde Guerra che si consacra a Gesù crocifisso per rimanere nel suo amore. Siamo come Lei apostoli del Crocifisso.
+ Mario Toso